Il
sergente maggiore Eric Dona stringeva nel pugno il calcio della sua pistola.
Era pronto a sparare all’alieno che a piccoli passi avanzava verso di lui per
divorarlo. Molti suoi commilitoni erano stati orribilmente sbranati e mangiati
da simili mostri.
Quale ne
fosse il vero aspetto, il sergente maggiore lo ignorava, poiché lo cambiavano
continuamente a seconda delle circostanze.
La loro
capacità di trasformazione era sorprendente, come quella di penetrare per via
telepatica nella mente di chiunque e carpirne pensieri, ricordi, immagini.
L’alieno –
che ora avanzava verso di lui – aveva assunto l’aspetto di Muryel, la giovane
moglie che Eric aveva lasciato su Terra, distante da Holigon, il pianeta su cui
si trovava, centinaia d’anni luce.
Il
sergente maggiore non si sarebbe lasciato ingannare: sapeva perfettamente chi
avesse dinanzi e come affrontarlo.
Tuttavia
esitava a sparare… ma proprio quando stava per premere il grilletto, si bloccò.
L’holigoniano
aveva iniziato a parlare: la sua voce era identica a quella di Muryel.
«Sono
tanto felice, amore, di essere qui. Ormai disperavo di rivederti, dopo tutti
quest’anni di lontananza.»
«Chi… chi
sei?» balbettò, incredulo, il sergente maggiore.
«Ma sono
tua moglie! Non mi riconosci? Vieni tra le mie braccia, tesoro! Non puoi
immaginare quant’abbia sofferto per la tua mancanza. Oh, ti desidero tanto!
Metti via quell’orribile arma. Mi fai paura. Che cos’hai da temere?»
Eric Dona
indietreggiò di qualche passo, la pistola sempre nel pugno e puntata contro
l’alieno.
Ripeté,
debolmente:
«Chi sei?»
«Sono io,
Muryel: la tua dolce, piccola Muryel. Ricordi? Mi chiamavi proprio così...
Quanti anni sono passati da quando sei partito? Cinque, quasi sei!...
Avvicinati dunque. Perché indugi? Mi sei tanto mancato, tesoro! Mi mancano
molto i tuoi baci, le tue carezze, le tue parole affettuose. Oh, sapessi!... Un
tempo mi amavi immensamente, con tutto te stesso. Non vorrei che per colpa
della lontananza fosse scemato il tuo amore per me. No, non credo! Sono sicura
che ancora mi ami, come io amo te… Su, avanti, che aspetti? Abbracciami,
baciami, stringimi.»
Innamorato
più che mai, il sergente maggiore abbassò la sua arma e corse dalla sua dolce, piccola Muryel. Ma nell’istante in cui questa stava per cingerlo
con le sue braccia, egli alzò di nuovo la pistola e fece fuoco: una, due, tre
volte…
Con un
grido straziante l’alieno cadde pesantemente a terra e, dopo un sussulto,
rimase immobile.
Il
sergente maggiore attese che le fattezze di Muryel svanissero, per lasciare il
posto a quelle reali dell’holigoniano, ma ciò non avvenne.
Allora
sgranò gli occhi e sentì il respiro mancargli all’improvviso, mentre un freddo
sudore gli imperlava la fronte, gli scorreva lungo la schiena.
«Ma… che
succede?» balbettò. «Ora che è morto, la sua mente non può controllare la forma
del suo corpo.»
Si guardò
per un attimo intorno, come a cercare qualcuno cui domandare spiegazioni.
Poi tornò
a fissare, ai suoi piedi, il corpo esanime di… Muryel.
Per poco
non impazzì quando, più tardi, egli apprese che il Distretto Spaziale di
Holigon aveva segretamente invitato sul pianeta, per un breve periodo di
soggiorno, un famigliare di ogni soldato.
Doveva
essere, per ciascuno di loro, una piacevole sorpresa.
Dopo tanto tempo riprendo a commentare. Innanzitutto ho gradito molto che si sia tornati ad un blog di fantascienza pura, visto che e` un genere che in Italia e` ampiamente e immeritatamente sottorappresentato.
RispondiEliminaLeggendo questo racconto in particolare, non ho resistito a fare un parallelismo con i racconti di Roald Dahl, l'inventore del genere dell'imprevisto. Ecco, lo vedrei bene in una sua raccolta o, perche` no, come un episodio della famosa serie "Il brivido dell'imprevisto", trasmesso decadi fa dalla TV Italiana.
Danilo Concas
Caro Danilo, felice di averti ancora tra noi e spero, tra breve, anche con un tuo racconto, ovviamente di fantascienza... solo fantascienza.
RispondiEliminaPaolo