domenica 6 novembre 2016

CASCHETTO CERCASI di Frank Bernardi

Durò assai poco la piena libertà di noi semi - umani, oppure disumani o mezzi - umani o come ci vollero chiamare nel passato e come non ci avrebbero più dovuto chiamare nell'oggi. Solo che, come ho appena detto, tale libertà o senso di libertà non ebbe poi molte occasioni per manifestarsi.
Tutto ebbe inizio tanto tempo fa, come si legge nell'esordio di tanti racconti e raccontini. Long time ago... Non avemmo genitori, non eravamo figli di discendenza alcuna, visto che eravamo nati artificialmente con qualcosa di umano e altre cose artificiali, senza le quali non saremmo neanche vissuti, financo nemmeno concepiti. Eppure per disgrazia nostra e solo nostra ci concepirono e ci buttarono sul mercato, sulla terra, nel mondo, in cerca di occupazione. Anzi, furono "loro", gli stramaledetti "loro" a darci qualche occupazione da schiavi, servi, gendarmi, cavie, soldati. E via con la lista di impieghi da emarginati in cerca di riscatto che tale riscatto mai troveranno perché è ab origine che la tara si annida in noi. E in noi si annida poiché noi tutti fummo creati da creatori umani per ubbidire ai creatori nostri.
Gli inizi? Ci vuole poca immaginazione a concepirli.
I primi pezzi sfornati da incerti laboratori diretti da altrettanto incerte mani erano mostri mezzi macchina e mezzo uomo o mezza donna. Parti artificiali in rilievo palese, occhi finti, oppure occhi veri e braccia finte, gambe di metallo, unghie di plastica e un cervello sviluppato a forza di chip infilati in serie nelle meningi. Eravamo i mostri del mondo, bastava uno straccio di embrione e qualche seme di metallo autosviluppantesi perché la parte artificiale crescesse lasciando libera quella naturale di svilupparsi a sua volta. Ma come si sviluppava la parte naturale? Codesta parte, a dire il vero, si sarebbe voluta sviluppare secondo indicazioni del dna originario, ma trovava ostacolo nello sviluppo del dna artificiale, un misto di organico e di metallico. Le due zone, mai fuse, mai entrate in comunione, cominciarono a urtarsi e confliggere l'una con l'altra fino, appunto, a degli esiti clamorosamente disgraziati, che seminarono il terrore per tutto il mondo, dopo che molti di noi, ancora in una fase di sviluppo iniziale, da non rivelare, riuscirono ad evadere da due o tre laboratori lager e gironzolare liberamente, senza nulla fare però, non uccidendo nessuno, anche se ce ne sarebbe stato ampio motivo, non fosse che per esigere vendetta da coloro che ci avevano fatto nascere e ci avevano scaraventato in quell'inferno. Bastarono alcune foto fatte girare per il web (ovviamente tutti sapete cosa sia) e l'esistenza di tali laboratori fu resa nota con ripercussioni immaginabili. I nostri governanti decisero dunque di chiuderla con quel filone e misero i sigilli agli esperimenti.
Per finta.
Nei parlamenti si moltiplicarono le petizioni e gli interventi affinché ogni cosa fosse portata alla luce del sole, affinché fosse fatta chiarezza piena su quelli che si potevano definire gli sviluppi dell'umanità tutta. "Non vogliamo morire robot" fu il grido che percorse il globo da un angolo all'altro. Slogan errato, poiché quello giusto sarebbe dovuto essere: "Non vogliamo nascere robot". Robot, infatti, si nasceva. Un po' di materiale d'embrione, tanto per avere due occhi, due mani e due gambe, tanto per stare in piedi. E poi la parte artificiale, quella che determinava impulsi e ragionamenti. Se poi si voleva tentare la sorte, si sarebbero potuti programmare organi misti, natural - meccanici. Braccia robuste ma metalliche, una super vista (con occhi di tipi periscopico, terrificanti, inammissibili). O super denti, con una dentatura da squalo, rilucente metallo, capace di frantumare sassi e ferro (con adeguato sistema digerente artificiale e tubo di espulsione a corredo di tutto questo). Insomma, si poteva variare a seconda delle esigenze. Se servivano cinquecento operai schiavizzati, ecco che si potevano commissionare alle ditte specializzate. Se occorreva un esercito di netturbini, ecco l'esercito, almeno su carta. Dico "su carta" perché, dopo i primi esperimenti dall'esito mostruoso e la diffusione dei medesimi esiti presso media e opinione pubblica, si mise uno stop a sperimentazione e eventuali commesse.
Per finta, però.
Perché ai governi non conveniva affatto buttare via l'occasione, nossignore. Così in segretissimi laboratori statali, sorvegliatissimi per evitare brutte sorprese come quelle che c'erano già state, iniziò una sorta di count down per creare l'uomo del futuro, o la donna del futuro: esternamente identici agli esseri umani circolanti nati da donna, ma con qualcosa in più, vale a dire un micro chip talmente chip da essere non rilevabile. Fummo creati e messi su piazza all'età di qualche mese, fumo dati in adozione, andammo a scuola, alle elementari e poi alle superiori. E poi tutto il resto. Ci fidanzammo, ci sposammo ma poi si scoprì che eravamo sterili. Per molte coppie eterosessuali questo fu un dramma, un po' meno lo fu per le coppie omosessuali, meno condizionate dall'aspettativa di avere un figlio in maniera naturale. Ma comunque sempre di dramma si trattò. Il dramma aumentò di estensione. Molte coppie al mondo si rivelarono sterili. I tassi di infertilità furono alti. Si diede la colpa ora a questa cosa, ora a quest'altra, le solite ragioni che si avanzano quando si è nell'incertezza. La risposta vera alla domanda era la seguente: troppi esseri metà artificiali metà naturali erano stati messi su piazza. Già, ma quanti furono? Milioni? Quanti milioni? Tanti quanti, per esempio, gli esemplari di computer portatili venduti (intendo i famosi computer da tasca che sostituirono gli arcaici iPad o come si chiamavano cent'anni fa...)? Gli stessi creatori di noi mezzi umani e mezzi no, gli stessi che ci avevano fabbricato, avevano perso il conto.
A meno che...
A meno che noi, mezzi e mezzi, non avessimo trovato un modo per riprodurci. Con quale risultato? Nessuno avrebbe potuto prevederlo. Quello di creare una nuova razza dominante? Noi, lo dico subito, non eravamo consapevoli della nostra diversità. No, non lo eravamo. Fino ad un certo punto.
Fino a che non entrai in contatto con certa gente che mi fece capire che io, proprio io, ero un mix di roba, un mix di robaccia. Non ero nato da donna, ma in laboratorio. Troppi, al mondo, erano nati in laboratorio. Nel nostro cranio era impiantato un micro chip, assi micro, non rilevabile. Dovevamo estrarlo. Ma come? Non c'era il rischio di morire? E poi, se nemmeno si poteva rilevare...
Sì, lo si poteva rilevare ma non era cosa immediata.
E cosa avvenne? Come si conclude la storia?
Mentre noi prendevamo coscienza del nostro stato, anche i governi, i creatori, prendevano coscienza che noi stavamo prendendo coscienza.
E forse nei governi già lavoravano, erano presenti, esseri artificiali? E forse già gli artificiali potevano riprodursi? I governi dovevano intervenire.
Fu inviato un segnale universale che avrebbe dovuto raggiungere il micro micro chip impiantato in noi al fine di ridurci all'obbedienza più assoluta, senza che dall'esterno si vedesse nulla. E qui finisce per il momento la storia. Coi governi che mandano impulsi e noi che giriamo dalla mattina alla sera con un casco di metallo per impedire che l'ordine wireless dei governi ci raggiunga. Funzionerà, non funzionerà? Chi lo sa. Anche perché non si capisce chi sia artificiale e chi non lo sia. Tutti vogliono il caschetto, che ormai non si trova più neanche al mercato nero. Ecco come va il mondo oggi.

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