domenica 23 ottobre 2016

IL MONOLITE di Peppe Murro

Alla vista di quel gesto, iniziò a carezzarsi la lunga barba bianca con piena e lenta soddisfazione: era contento, il suo compito era finito ed ora poteva andare via.
Non era stato semplice, ma da quando gli era venuta l'idea del monolite le cose erano lentamente cambiate: quei bipedi erano diventati più sicuri nelle loro scelte come nella loro buffa andatura.
Certo, avevano ancora tratti troppo animaleschi, uccidevano e si accoppiavano in maniera bestiale, con urla e digrignare di zanne, eppure gli sembrava ogni giorno di vedere cambiamenti progressivi.
Ma, notava con qualche cruccio, mancava ancora il gesto definitivo, quello che gli avrebbe dato la certezza che il suo lavoro era finito.
Fino a quel giorno.
Fu allora, infatti, che scorse la novità: la femmina bipede aveva preso una piccola pietra scheggiata come le tante che usavano per tagliare brani di carne o per scuoiare le prede.
La guardò con interesse, poi guardò il maschio che dormiva.
E lentamente, con grande cura, prese a raschiare il suo pube togliendo la lunga peluria fino a scoprire la buffa pelle rosacea.
Capì, a quel gesto, che quella specie si sarebbe evoluta.
Poteva andare, quel mondo si era avviato verso la civiltà.

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