Si udì
dapprima un sordo brontolio: una specie di tuono in lontananza e, subito dopo,
un grido possente, lacerante.
Jennifer
si svegliò di soprassalto. Gli occhi assonnati, volse lo sguardo intorno e non
vide che alberi, erba, cespugli, rischiarati dai vividi raggi della luna.
Tese la
mano verso il ragazzo che ancora dormiva al suo fianco, chiuso nel sacco a
pelo, e lo scosse più volte.
«Svegliati,
Alfred! Svegliati!» disse con voce convulsa. «Ho sentito qualcosa.»
Il ragazzo
non rispose, né si mosse. Allora Jennifer lo scosse di nuovo, più a lungo.
«Svegliati,
per favore! Mi senti? Svegliati!»
Finalmente
Alfred dischiuse le palpebre. Poi aprì la cerniera lampo del sacco a pelo e si
alzò a sedere.
«Cosa
c’è?» domandò. «Che succede, Jennifer? Perché mi hai svegliato?»
«Mi è
parso di udire un grido, una specie di… barrito.»
«Un cosa?»
«Un
barrito di elefante, credo… ma molto più forte, più roco.»
Il ragazzo
si stropicciò energicamente il viso con le mani, quindi, in tono deciso:
«Mai
sentito parlare di elefanti in una foresta del Nord America. Siamo nello Stato
del Wyoming, Jennifer, non in Africa o in Asia, dove appunto vivono quei
bestioni. Sono certo che il barrito lo hai soltanto sognato.»
La ragazza
inghiottì la propria saliva, poi scosse la testa.
«No,
Alfred! Ero sveglia quando l’ho sentito.»
«Sentito
cosa, con esattezza?»
«Accidenti,
testone! Quel dannato…»
Questa
volta il barrito – o quello che era – si udì più possente, più vicino.
I due
ragazzi si alzarono in piedi, di scatto, e restarono immobili, il fiato
sospeso, a fissare le chiome degli alberi che oscillavano vivacemente, pur non
essendoci un alito di vento. A un tratto comparve fra esse la testa enorme di
una creatura mostruosa e, poco dopo, il resto del corpo: massiccio, imponente,
che si fece largo tra i rami e i tronchi degli alberi, spezzandoli come se
fossero fuscelli.
«Ma… ma…»
balbettò Alfred, allungando una mano davanti a sé. «Non credo ai miei occhi. È
un… tirannosauro.»
«Un
tirannosauro?» si stupì Jennifer. «Ma come è possibile?! Questo grosso animale
è vissuto nel Cretacico superiore, circa settanta milioni di anni fa.»
«Come fai
a sapere queste cose?»
«Le so,
Alfred! Ma tu, a scuola, cos’hai impara…»
Fu
interrotta da un altro terribile grido, che uscì dalla bocca smisurata e irta
di zanne dell’animale preistorico, il quale, sporgendo in avanti la testa, ne
mostrò i segni di una ferocia inaudita, tra cui due piccoli occhi
fiammeggianti.
Alfred,
istintivamente, afferrò la ragazza per la mano.
«Scappiamo,
presto!»
Corsero a
perdifiato tra gli alberi della foresta, sentendo dietro di loro i passi
pesanti e rumorosi dell’animale, che sembrava guadagnare terreno.
«Di là,»
disse Alfred, «in quella radura. Su quell’alta parete rocciosa troveremo
rifugio… Presto! Presto! Prima che sia troppo tardi… Ci sta raggiungendo.»
Jennifer,
nel seguirlo, inciampò in una radice affiorante dal terreno. Cadde lunga
distesa tra l’erba.
«Alfred!
Alfred!» chiamò, disperata. «Aiutami, ti prego!»
Il ragazzo
si fermò, si volse, la vide annaspare carponi. Poi guardò l’animale che si
avvicinava rapidamente. Ebbe solo un attimo d’esitazione. Tornò indietro e
aiutò la ragazza a rimettersi in piedi.
«Svelta,
Jennifer!» disse. «Per l’amor del Cielo! Muovi quelle gambe!»
E ancora
una volta, lei si lasciò trascinare per mano, come fosse da sé incapace di
correre.
Dopo
alcuni secondi, furono ai piedi della parete rocciosa. Vi s’inerpicarono
velocemente il più in alto possibile.
«Qui
staremo al sicuro,» disse Alfred un po’ rinfrancato, ma con il respiro affannoso.
Poi scosse la testa. «Ancora non credo a quello che ho visto. Un tyrannosaurus
rex! È… è… è…» Cercò di trovare le parole più adatte a rendere chiaro ciò che
provava in quel momento, ma non vi riuscì.
Guardarono
in basso, dove intanto era giunto il grosso animale il quale, la bocca
spalancata, continuava a emettere un grido possente, che faceva accapponare la
pelle.
«Urla
quanto ti pare,» disse il ragazzo, assumendo d’un tratto un atteggiamento di
sfida. «Ma non finiremo nella tua pancia, brutto bestione!»
Si volse a
osservare Jennifer per rassicurarla, poi guardò nuovamente il tirannosauro. Ma
nello spostare il peso del corpo dall’uno all’altro piede, una roccia cedette e
Alfred, precipitando con un grido… si svegliò di soprassalto, il cuore che gli pulsava,
nel petto e in gola, all’impazzata.
Il suo
volto era madido di sudore.
«Cosa
c’è?» chiese Jennifer, destata dal grido del ragazzo.
Tutti e
due aprirono i sacchi a pelo e per qualche momento restarono fermi, nel
silenzio assoluto della foresta.
«Ho fatto…
un bruttissimo sogno, Jennifer,» disse Alfred, con voce tremante. «È stato
spaventoso… agghiacciante!»
«Hai avuto
un incubo?»
«Sì, sì…
Tu e io eravamo inseguiti da un orribile…»
Restò in
silenzio e inghiottì a fatica la propria saliva.
«Da cosa?»
lo esortò Jennifer. «Da che cosa eravamo inseguiti?
«Da un…
tyrannosaurus rex… Era…»
S’interruppe
di colpo perché, proprio in quel momento, un improvviso e possente barrito fece tremare la foresta.
Istintivamente,
i due ragazzi volsero gli occhi alle cime degli alberi, da dove videro alzarsi
in volo, battendo le ali con frenesia, nugoli neri di uccelli spaventati.
Mai chiedere un prestito a un tirannosauro, ha il braccino corto!
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